Il trasformismo by Luigi Musella

Il trasformismo by Luigi Musella

autore:Luigi Musella [Musella, Luigi]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: History & Theory, Political Science
ISBN: 9788815095480
Google: t1OLAAAAMAAJ
editore: Società editrice il Mulino
pubblicato: 2003-09-14T22:00:00+00:00


Le elezioni non portarono solo ad una nuova configurazione politica, ma anche alla formazione di una nuova classe dirigente. Dei 501 eletti 304 erano assolutamente nuovi per la camera, mentre solo 174 erano deputati uscenti. Si verificò dunque un ricambio del 65,3% che toccò anche i due partiti prevalenti. Non parteciparono alla competizione molte personalità del vecchio regime tra cui Sidney Sonnino. Anche la composizione professionale della camera mutò, ma non in misura pari al mutamento politico a causa del fatto che sia i deputati cattolici, sia i socialisti svolgevano nella vita privata in sostanza le stesse attività dei deputati liberali. Entrarono molti organizzatori di partito, calarono i nobili e i possidenti, mantennero una buona percentuale i liberi professionisti. A seguito di queste elezioni apparve ormai chiara la crisi del regime liberale e si comprese come non si potesse più fondare una maggioranza attraverso operazioni interne al parlamento. La sopravvivenza dei governi liberali iniziò a dipendere sempre più dai cattolici e dai socialisti. Ma sarebbe stato assurdo immaginarsi un sostegno dai socialisti massimalisti, veri vincitori delle elezioni, come da Turati, che si dimostrò personalmente ostile ad una qualsivoglia partecipazione dei socialisti ad una maggioranza liberale. D’altra parte anche il Partito popolare di Don Sturzo si pose in antitesi ad un qualunque possibile governo Nitti o Giolitti.

Il fallimento di Giolitti nel 1921 con la formazione di «blocchi nazionali», diretti a controllare la forza dei socialisti e dei cattolici e ad assorbire nell’area di governo fascisti, popolari e socialisti riformisti, segnò definitivamente la fine delle pratiche di un trasformismo liberale. Il governo Bonomi del 1921-22 confermò l’inefficacia della coalizione liberal-popolare-socialriformista, incapace a quel punto di fronteggiare sia la violenza fascista, sia la conflittualità sociale portata avanti da un movimento operaio lacerato al proprio interno.

Un aspetto cruciale della crisi fu la linea politica perseguita dal Partito socialista che, nonostante la crescente forza elettorale (se si pensa che i 52 deputati del 1913 divennero 156 nel 1919), si collocò ancora al di fuori del sistema, prospettando un progetto di cambiamento che collideva per le sue caratteristiche ideologiche e per i suoi scopi con la stabilità costituzionale. In luogo di puntare sulla democratizzazione delle istituzioni liberali e sul riformismo, il Psi mirò infatti alla rivoluzione. «I milioni di elettori non comprendono che cosa significa “operar fuori” quando si accetta di andare al parlamento – commentava Mussolini il 22 novembre 1919 a proposito del successo elettorale socialista –. Questo “nullismo” è altamente sintomatico. Questo “rinviare” dopo le roboanti promesse di questi giorni, ha il sapore della mistificazione». Forse, sempre secondo Mussolini, i socialisti tesserati avrebbero potuto comprendere le ragioni di queste incertezze prudenziali, ma il corpo elettorale no. La maggior parte dei votanti aveva creduto il Partito socialista capace «di districare l’aggrovigliata matassa e di avviare sulla strada di un più ampio benessere e di una più grande libertà il popolo italiano». Vi era dunque un impegno morale che non avrebbe potuto sottrarli ad una più diretta partecipazione. In realtà, secondo il futuro capo del fascismo,



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